lunedì 4 maggio 2015

L'occhio del blogger ingrassa il lettore


"Gli occhi sono lo specchio dell'anima." (Proverbio)

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Il simbolismo dello stemma degli Stati Uniti, che viene tutt'ora stampato sulle banconote da un dollaro per ricordare al consumatore le radici esoteriche e massoniche dell'America per come la conosciamo oggi, comprende lo stesso Occhio della Provvidenza talvolta utilizzato anche dalla Chiesa per simboleggiare Dio, così com'era utilizzato a questo scopo ai tempi degli Egizi, quando rappresentava l'occhio di Horus

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questo simbolo rappresenta quindi la linea ininterrotta del sistema religioso dall'ultima dinastia faraonica al moderno sistema giudeo-cristiano, tramandata attraverso il retaggio esoterico proprio della Massoneria;

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ma il significato di questo simbolo universalmente noto è qualcosa che per dirla con gli anglofoni va oltre ciò che l'occhio vede (more than what meets the eye) e non si potrebbe utilizzare questa espressione in modo migliore che non a proposito dell'occhio, poiché come ogni simbolo anche quello dell'occhio rappresenta in primo luogo sè stesso; è in effetti il significato dell'occhio, e non del simbolo, che oggi non siamo più in grado di comprendere e di condividere, al di là dell'umile frammento che consideriamo di 'saggezza popolare' ma è di fatto la prova di una immensa ignoranza che non soltanto appartiene a tutti noi, in quanto popolazione mondiale, ma è anche assai popolare ad ogni latitudine di questi tempi.
Questo proverbio minimo, stringato e sibillino, è più o meno tutto quanto c'è da sapere a proposito di noi tutti, da che lo specchio è qualcosa di materiale, concreto, e non di meno illusorio, poiché ci rende una immagine rovesciata, piatta e inaccessibile della realtà, mentre la "anima" è qualcosa di completamente immateriale, insensibile, che per sua natura trascende la nostra comprensione per dare vita al Grande Mistero; l'occhio "rappresenta" quindi tutto ciò che vediamo, a partire dall'occhio stesso che si riflette in uno specchio; oggi la tecnologia digitale sempre più diffusa ci permette di vedere il nostro occhio in qualunque momento attraverso uno scatto fotografico, e questo può portare a infinite divagazioni sul grado di illusione (qui, e ora) all'interno della "videosfera", dove del resto questo simbolo sacro fondamentale è diffuso soprattutto attraverso lo Stemma sulle banconote americane; ma nemmeno, o tantomeno, questo 'prodigio tecnologico', questa sorta di 'illusione virtuale' è in grado di rivelare all'osservatore quella "anima" di cui ci rimane il proverbio, frammento di una conoscenza perduta;

il mio occhio eterocromatico-centrale > lex09.altervista.org

secondo il nostro vocabolario esiste una sola cosa che "mostri l'anima", con un neologismo derivato dal greco e utilizzato per la prima volta nel 1956, ovvero una sostanza psichedelica; le sostanze che sono state definite 'psichedeliche' da Mr. Osmond allora erano diffuse in natura milioni di anni prima di tale data -e come tali note dall'uomo da sempre- e il termine si può affiancare a quello ancor più moderno (dal '79) che vuole un certo principio psicoattivo (per non dire psichedelico) "enteogeno", ovvero "che ha Dio al suo interno"; 
entrambi i termini rimandano all'idea della "visione", propria dell'esperienza psichedelica o finanche enteogenica, per quanto si possa facilmente ridurre (mediante l'etichetta di 'allucinogeno') ad una mera allucinazione; del resto, qualcuno è disposto a credere che tutto, ogni cosa sia una sorta di allucinazione, o illusione materiale, è sempre e soltanto una questione di punti di vista; certo è che la 'visione' indotta da un agente psichedelico non è prodotta dalla forma di energia che percepiamo come "luce" all'interno del nostro apparato visivo, e che il nostro cervello è predisposto a convertire in immagini, così come avviene anche durante l'attività onirica, dove le più straordinarie visioni non sono percepite dall'occhio ma dalla mente;

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queste diverse modalità della visione che si possono esperire in quelli che si dicono  stati alterati o non-ordinari della psiche, sono di fatto espressioni di ciò che l'occhio per la sua natura organica non può vedere, e che pure esistono dal momento che sono vissute con l'intensità e la suggestione di esperienze 'reali', che si tratti di allucinazioni" causate da una droga o di semplici "sogni" notturni, partecipano di una sfera mnemonica che determina la maggioranza della nostra "realtà quotidiana", quale che sia l'origine dell'esperienza.
L'Occhio è il simbolo proprio dell'Uomo, della natura umana, materiale, biologica e meccanica in relazione a quella divina, eterica e trascendente; soltanto una visione e non la vista può restituire all'uomo l'idea della sua propria anima (da ànemos, vento), poiché la rivelazione più grande è proprio quella che riguarda la sua visione, ciò che naturalmente viene esperito come attività dell' organo della vista, l'occhio; questo è in effetti il Simbolo maiuscolo, precipuo dell'umanità, non possiamo avere dubbi riguardo il suo valore conoscendolo come simbolo "occulto" che rappresenta origini infinitamente antiche e si tramanda nei millenni, dai costruttori delle piramidi agli utenti telematici, e dalla Tradizione esoterica alla pop culture americana, ma dobbiamo ri-conoscerne l'origine che trascende ogni forma di conoscenza, per affidarci alla nostra coscienza o intuizione istintiva, il nous, ciò che un saggio definì il "signore dei cieli e della terra"; questo titolo è altresì quello di cui si potrebbe investire un dio o un diavolo, indifferentemente; è sempre e soltanto un punto di vista.

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Questa nota è stata appuntata in seguito ad una esperienza onirica in cui la reale funzione e la natura dell'occhio umano mi venivano descritte in termini tanto semplici e brutali quanto incomprensibili per il lettore ignaro del suo valore simbolico; dal momento che la mera trascrizione dell'episodio non avrebbe alcun senso per l'eventuale lettore, lascio questo post sul mio blog per chiunque voglia approfondire la propria conoscenza di questo particolare argomento, che lo possa ispirare a guardare oltre ciò che si vede; conoscere sè stessi è l'unica educazione possibile a questo mondo.

L'occhio è il simbolo della visione come l'uomo è simbolo del mondo, la vita "imita" da sempre l'arte e viceversa, ma dobbiamo fare i conti con l'illusione di cui è composta questa visione del mondo, quella che gli Indiani chiamano Māyā (la forza creatrice in Sanscrito, ridotta a miraggio nella logosfera moderna) e non certo per caso -come vorrebbe qualcuno- presso il popolo dei Maya era la realtà "artistica" dei creatori celesti, incarnati nella figura mitologica di Itzamna; esiste una versione "enciclopedica" di questo dio, come dell'intero, popolosissimo pantheon Maya, e alcune versioni più "scientifiche", come quella proposta da Mr. Gillette, che sono in grado di rendere un'idea se non altro meno pedestre e più interessante degli "artisti" venerati nelle Americhe in epoca precolombiana.
In primo luogo il significato del termine "Itz" è secondo il Gillette quello di "tutte le sostanze attaccaticce e scivolose quali linfe e resine vegetali, ma in particolare il sangue" (Op. Cit. p.276, Ed. Mondadori, 1997);
 nello stesso glossario vediamo che lo itz'at è "artista o artista celeste", e che
"Nell'antica mitologia Maya diverse divinità, dette itz'at, diedero inizio alla creazione dipingendo nel firmamento i segni orientativi del cosmo, in particolare le tre pietre del Cuore Universale." (Ibid.);
a proposito della "imitazione", rappresentazione o ri-produzione della "realtà" su una base archetipica, ideale, l'Autore conclude: "è lecito pensare che i Maya raggiunsero un profondo livello di saggezza esoterica, in base alla quale Dio e gli esseri umani, immaginandosi l'un l'altro, si rendevano l'un l'altro reali." (Ibid., p.81)
Il mistero si replica da sempre, in ogni epoca e in ogni angolo del mondo, e sopravvive nei millenni in quanto tale, che sia alimentato da cerimonie pubbliche di sacrificio umano, o dalla beata ignoranza dei fedeli moderni che partecipano al rito simbolico del pane e del vino, dove -citando ancora il Gillette a questo proposito, "il vino di Dioniso, come quello dell'Eucarestia cristiana, era veramente sangue divino."
Veramente, come il sacrificio di Dioniso e del messia giudeo; è questo il genere di verità che siamo in grado di accettare nel nostro gioco-mondo di parole, vera/mente.
Ora abbiamo questo indizio misterioso, che ri-unisce l'idea dello Itz dei Maya, popolo omonimo di Creazione e/o Illusione, a quello dell'occhio, specchio dell'anima e punto centrale del nostro mondo immaginario, immaginato nel contempo da uomini e dèi, popolato da donne e i/dee;
per il lettore casuale non occorre sprecare altro tempo leggendo il blog dell'artista strampalato, ma nemmeno il volume del teologo letterato; può essere utile una nottata di sonno -e di sogno- in ogni caso l'osservazione di quella medesima realtà che ritroviamo intatta il mattino dopo, alla luce del Sole, è l'unica a determinare il corso degli eventi di cui partecipiamo coscientemente, il che è più o meno l'esatto opposto di come dovrebbero andare  le cose; la visione è la fonte di tutto ciò che vediamo, mentre l'osservazione è tanto utile che solo in un caso su un miliardo essa rivela la sua natura visionaria, rivelando la nostra intima, intrinseca follìa al residuo lume della nostra stessa ragione.


o "Where ITZ'at?"

Sogni d'Oro.

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