lunedì 27 aprile 2015

Game Over-Loaded


Il mio libro ("File Omega", del 1991) partiva dall'idea di un videogame di genere adventure, o "d'avventura", che Wikipedia Italia definisce "caratterizzato dall'esplorazione, risoluzione di enigmi, interazione con personaggi di gioco ed è incentrato sulla narrazione piuttosto che sulle sfide basate sulla prontezza di riflessi."
Il che corrisponde alla mia "realtà" di allora come a quella attuale; c'è ancora molto, o tutto da esplorare, e infiniti enigmi da risolvere,  e l'interazione con altri personaggi (che sono ugualmente da esplorare e corrispondono tutti a veri e propri enigmi) è sempre minima; certo è che l'unica prontezza di riflessi in questa particolare realtà è quella richiesta dai videogiochi. Semmai.
La (mia) narrazione è ancora l'elemento predominante in questa avventura non-avventurosa, che è la nostra recita quotidiana; quando la realtà che siamo tutti pronti ad accettare di buon grado come ordinaria si è rivelata tanto straordinaria da risultare del tutto incredibile, e spesso incomprensibile per la maggioranza, per quelle che infine sono destinate ad essere contemplate in un quadro storico come masse consumatrici; l'ignoranza che è Buddha per gli orientali per l'occidentale è all'origine del mezzo gaudio che è sempre affiancato da un proverbiale Male comune.


E' un adventure game terribilmente statico; lungo, intricato, noioso, ripetitivo, ossessivo, per molti versi spaventoso, dove le scoperte portano sempre a nuove cose da scoprire, e tutte le risposte si rivelano poi essere nuove domande; è un gioco potenzialmente infinito in cui non abbiamo nemmeno indicazioni valide riguardo il giocatore, o la partita; a che punto siamo arrivati, dove possiamo arrivare, quanto e cosa ci resta da fare, cosa dobbiamo fare per vincere; sono tutte questioni relative all'assenza di un manuale di gioco, che nessun giocatore ha mai posseduto; conosciamo solo le limitazioni imposte direttamente dal gioco stesso, e come nelle immagini qui sopra quello che sappiamo ciò che vediamo, e leggiamo, quello che impariamo giocando; sarà perché la non-tradizione essoterica oppone la sua misteriosa apocalisse (rivelazione) a quella che per gli Indiani è la "relazione tra Purusa e Prakrti—la forza rivelatrice della natura"; possiamo soltanto accettare questa condizione , e con essa la sottomissione al dogma religioso, oppure rin/negarla malgrado essa corrisponda alla nostra condizione reale, ovvero alla realtà (per quanto artificiale) della nostra condizione, quale che sia la nostra posizione o classe sociale. E' un paradosso al quale tutti noi battezzati nel nome di Cristo -e non di KRST- siamo assoggettati dal principio; per questo è bene contemplare la vera natura del mito cristiano al di là delle sue radici storiche ufficiali, scavando nella Terra Nera che da millenni nasconde e rivela l'essenza del Mistero.


Soltanto la natura ludica di questa esperienza (V. post prec.) può permettere ad una mente sana di proseguire il gioco, perché nessuno vorrebbe mai partecipare di un gioco di cui non conosce le regole, le modalità e lo scopo finale; ma del resto, lo sappiamo bene, tutti i giochi iniziati con queste premesse, con basi fisse e invariabili, e le cui "sorprese" sono limitate al gioco stesso e non al gioca(to)re, non potrebbero intrattenerci così a lungo, e l'istinto di abbandonarlo sarebbe predominante per una percentuale di giocatori ben più alta di quella attuale... Ogni bel gioco dura poco, questa l'unica regola che appartiene al sapere popolare, e che si potrebbe facilmente applicare ad ogni gioco per poterlo considerare "bello"; purtroppo abbiamo infinite misure anche per ciò che è bello, e anche questo è parte del gioco.

Infine, devo ricordarlo ancora, il verbo inglese 'to play' vale  tanto per giocare quanto per recitare: e non è una delle possibili opzioni che troviamo disponibili all'interno dei videogames d'avventura, quando siamo immedesimati nel ruolo di un personaggio, e semplicemente ci giochiamo.

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