lunedì 16 marzo 2015

Gli androidi guardano films con gli umanoidi?

C'è questa vecchia barzelletta, che incollo qui come introduzione:

"Un giorno San Pietro viene svegliato da qualcuno che bussa alle porte del Paradiso. Si alza, va ad aprire e si trova davanti un vecchietto, un pò curvo, occhialetti rotondi, barba bianca corta e camice da falegname. -"Salve figliuolo... entra pure." I due si incamminano verso l'ufficio di San Pietro e si accomodano alla scrivania. San Pietro apre un cassetto e ne tira fuori un modulo, prende la penna e incomincia: -"Come ti chiami figliolo?" -"Giuseppe." -"Che lavoro facevi da vivo?" -"Il falegname!" A questo punto, San Pietro collega le due cose... Giuseppe... Falegname... e anche se non richiesto dal formulario domanda: -"Figli?" -"Ah! ...lei tocca un tasto dolente, io sì, ho avuto un figlio, se così si può dire, che fin da piccolo si è rivelato un prodigio, ma me ne ha fatte passare di cotte e di crude. Pensi che una volta è stato perfino arrestato! Poi, prima di raggiungere la maggiore età se ne andò di casa e non l'ho più visto da allora, però è diventato famosissimo e il suo nome è conosciuto da ogni uomo o donna sulla faccia della terra." A queste parole, San Pietro, senza più dubbi, si alza e percorre la stanza a balzi fino ad una porta. Bussa, si sente dire 'AVANTI' da dentro. Un attimo dopo ne esce Gesù a braccia aperte urlando -"PAPA'! PAPA'!" A queste parole il vecchietto sussulta, si alza di scatto e correndo verso la porta urla: -"PINOCCHIO! ... FIGLIO MIO!" (http://www.xmx.it/passatempo/barztutti_08.htm)

Questa memoria antichissima è stata risvegliata in me dalla visione di


Dangerous Days: Making Blade Runner di C. De Lauzinka (2007)

che appartiene al mio genre preferito (il making-of) e tra i soggetti più interessanti di cui tratta, della lunga e travagliata produzione del film, non mancano le occasioni di riflessione riguardo -appunto- il soggetto stesso, che malgrado il trattamento fantascientifico attinge o rimanda alle più antiche fonti letterarie, religiose e/o mitologiche, dove il tema della creazione sottintende o porta conseguenze che io definirei ambigue in un senso assoluto, definitivo e totale;


notiamo innanzitutto che il racconto di P.K.Dick a cui è in qualche modo ispirato il film, "Do androids dream of electric sheep?", contiene già un ovvio controsenso nel titolo: nessuno infatti "sogna" le pecore, mentre contare le pecore è -secondo qualcuno- un modo per addormentarsi, e quindi sognare;
in lingua Inglese è la stessa cosa, contare le pecore è "Counting sheep", non c'è alcun riferimento al sogno che è teoricamente una conseguenza del sonno e non -come può suggerire il titolo- parte di esso;
contare è sinonimo di computare ovvero, in Inglese, 'counting' e 'computing'...


se questo indizio semantico non suggerisce nulla al mio lettore, probabilmente non conosce le molte (altre) sfumature 'psichedeliche' dell'autore, con le quali riuscì con vera maestria a dipingere una serie di modalità dell'essere umano poste in un equilibrio perennemente instabile tra ciò che viene considerato 'reale' e cosa no, anche grazie alle sue gesta psiconautiche, variamante riproposte con esiti alterni dall'industria del cinema nei decenni seguenti; in questo  caso particolare, ispirato al suo lavoro (completamente irriconoscibile dal narrato filmico) la distinzione tra "reale" e "no" è proiettata nella dimensione fisica in forma di 'androidi' o finanche 'replicanti', riproduzioni biologiche indipendenti (quasi) indistinguibili dell'essere umano, e inconsapevoli della propria inumanità;


nel documentario si rammentano due dettagli che suggeriscono la natura artificiale del protagonista, Rick Deckard interpretato da Harrison Ford:


il primo, una brevissima sequenza in cui nella penombra appare fugacemente il "tapetum lucidum" (http://it.wikipedia.org/wiki/Tapetum_lucidum) che in teoria permetterebbe di identificare alla prima occhiata l'androide, senza bisogno di sofisticate apparecchiature; questa sequenza compare nella theatrical release, a differenza di quanto si dice nel documentario;


il secondo, e più famoso, è quello dell'unicorno, in cui la 'fantasia' del protagonista -che potrebbe essere in diretto contrasto con la sua origine sintetica, sinonimo di "falso", oppure al contrario potrebbe essere una rappresentazione mitizzata -e quindi umanizzata- della sua reale "innocenza"- si vede infine riprodotta in un origami, opera del mefistofelico Gaff ("gancio da pesca"); questo particolare suggerisce la possibilità che Gaff conosca la reale identità di Deckard a tal punto da conoscere i suoi 'innesti mnemonici', di cui farebbe parte la fantasia dell'unicorno; noi non conosciamo e non abbiamo modo di conoscere la natura della visione di Deckard, che sia un "sogno" vero e proprio, o piuttosto che l'unicorno sia trattato dallo sceneggiatore alla stessa stregua con cui Dick trattava le pecore, costrette a saltare una staccionata che delimita due modalità dell'essere apparentemente inconciliabili, come lo stato della veglia e quello del sonno; o, piuttosto, del sogno; la natura della visione di Deckard è rispecchiata nella effettiva visione del film, intatta nella sua ambiguità; nessuno sa cosa sia davvero, ma tutti l'hanno vista; infatti è una visione, termine non meno ambiguo;


gli indizi più o meno velati e più o meno censurati riguardo la natura del protagonista, la cui controversa, ma tradizionale "voce off" (voice over) tipica del noir d'epoca è infine un altro strumento di 'umanizzazione' che distoglie l'ascoltatore dal Sospetto, conducono ad un quesito fondamentale, raramente preso in considerazione; oltre al fatto che Blade Runner potrebbe essere una tragedia simil-greca interamente interpretata da 'burattini' (ovvero, individui non-umani, per quanto in apparenza "più umani dell'umano", secondo il motto della Tyrell) che è pure, da un certo punto di vista, il ruolo dell'attore -e in part. della star nello star system, a cui Ford appartiene- l'idea della 'persona' come maschera teatrale


costretta ad un ruolo invariabile, si proietta nella sfera della moralità, ben rappresentata nella sequenza in cui Deckard insegue Zhora e le spara ripetutamente alle spalle: che l'uomo abbia costruite delle macchine 'a sua immagine e somiglianza' soltanto per vedere come la storia si ripeta poi nella dimensione 'replicata' dell'essere umano, dove tutti sono pronti a colpirsi alle spalle (cosa che fa anche Rachel, che colpisce Leon da dietro); il paradosso delle macchine che si 'uccidono' tra di loro è la conseguenza più estrema del mito della morte riprodotto oltre la sfera umana, dopo le macchine di morte che sono le armi, qui vediamo delle macchine in grado di utilizzare quelle macchine al fine di mantenere un tipo di ordine squisitamente umano, completamente egoistico (mentre le 'macchine armate' si aiutano tra loro in maniera disinteressata) e quindi a replicare con la loro stessa esistenza il medesimo mito mortale -che è anche sinonimo di 'umano', in una logosfera divina;


In realtà la mia riflessione serale è scaturita dalla semplice frase di Guillermo Del Toro che nel documentario dice: "Questo film ha cambiata la mia vita"; non so quanto sia vero per lui o per il mio lettore, e a questo punto nemmeno per me stesso, ma tutt'ora non saprei ri-conoscere motivi di interesse e di suggestione altrettanto evidenti nel film di Scott che giustifichino questa affermazione, se non quelli stessi che il film condivide con il mito antropogonico di ogni tempo, assieme ad ogni inevitabile ambiguità reiterata e riproposta in ogni forma nel corso dell'evoluzione del pensiero umano, dalle tavolette in cuneiforme fino a Hollywood, e all'internet;
questo tipo di percorso mentale riproduce quello che nel gergo degli elettricisti si dice "cortocircuito" (http://it.wikipedia.org/wiki/Cortocircuito);
oggi, dopo aver vista la versione 'virtualizzata', con la messinscena molto più "fantastica" (citata anche in DD:MBR) di The Matrix, sentiamo parlare più spesso di 'universo olografico', l'equivalente Occidentale del velo di Maya, e le ambiguità dell'essere umano in una sfera materiale appaiono tutte relative a quelle osservate con la sperimentazione quantistica a livello atomico o subatomico, in una sfera "scientifica" che raramente è accessibile (al di là dell'intrattenimento occasionale) dall'utente medio nell'apparenza invariabilmente mutevole di una 'realtà mondana' esperita sensorialmente;
la qualità specificamente umana, di forme energetiche complesse e strutturate in dimensioni tutt'ora difficilmente definibili, è venuta meno nel corso di questi decenni, e il 'genere' Matrix ha preso il sopravvento, con la possibilità che sia opera spuria di androidi fuori controllo;



Blade Runner, a metà tra il fumetto à la Métal Hurlant (fonte di ispirazione per Scott) e il mito classico, proprio all'inizio dei 'folli anni '80', è qualcosa di meno 'cosmico", e decisamente meno 'millenarista' della saga dei Wachowsky; è quasi-artistico, ma è un film 'tradizionale' e questo lo rende ancora più paradossalmente avanzato rispetto alla attualità perenne della sua tematica di fondo; è un noir ambientato nel futuro che racconta una storia senza tempo; che è essenzialmente la nostra storia, in una dimensione artificiale che non avrebbe potuta essere messa in scena in un altro momento della storia umana;


riguardo la maggiore efficacia del trattamento che al di là delle tematiche stesse è indefinitamente più 'avanzato' in termini cinematografici rispetto alla digitalizzazione totale e 'impersonale' di The Matrix, ho avuta questa conferma ricercando in rete; ho considerato che BR è un film composto sostanzialmente dai suoi 'personaggi', caratterizzazioni di 'persone' che abbiamo visto essere sinonimo di maschere teatrali; su WIkipedia esiste una pagina che è interamente dedicata ai personaggi di Blade Runner (http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_Blade_Runner_characters) e infine questo è il 'segreto di Pulcinella' del film di Scott, che mantiene nella dimensione cinematografica lo stesso mistero insolvibile della 'vita reale', sull'identità di chiunque arrivi a porsi qualunque interrogativo a proposito di sé stesso, sulla propria realtà; spesso sembra un destino inumano che tutti noi si abbia delle domande da porci.

L'unicorno in un cameo meccanico = meccameo

Gli indizi sono sparsi ovunque tra finzione, fantasia, sogno e realtà, e persino nel nostro modo di interpretare (verbo di ambiguità estrema, attagliato ad ogni persona) queste diverse modalità di percezione e di comunicazione del pensiero, secondo le immortali parole del poeta che sono da tempo un motto per il blogger
 “Do what you will this life’s a fiction,
And is made up of contradiction.” 
                          (William Blake, Gnomic Verses)

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