martedì 22 aprile 2014

Post Mortem

Giornata di lutto tele-cinematografico, per la scomparsa di un personaggio legato all'infanzia, alla giovinezza, e all'età adulta del me stesso (ex)telespettatore e cinefilo, Claudio G. Fava:


una figura popolare, nota a tutti i figli di mamma RAI, autorevole esperto e appassionato di cinema, un uomo di cui ricordiamo tutti l'aplomb e l'ironia sottilissima, quasi impalpabile; certo il blogger non si sarebbe mai nemmeno immaginato che un giorno, anziché scrivere cinema, come aveva sempre fatto (quando guardava anche la TV) sarebbe finito a scrivere di cinema (e tantomeno, su internet) proprio come faceva lui, Claudio G... E' solo dopo la sua morte che scopro che quella famosa G. non nascondeva uno strano, antiquato nome da tenere nascosto dietro un punto -come il Tiberius del Cap. Kirk- ma un semplice Giorgio.
La sua scomparsa è per me un altro spunto di riflessione, vista la mia annosa antipatia per la figura del critico in generale, su questa mia ormai longeva quanto inutile attività di "revisore filmico", che data la mia qualifica professionale e il mio titolo (di blogger) si può comparare a quella del critico cinematografico, di gossip specializzato, dedicato ad un lettore particolare, malgrado la fascinazione pressoché universale del cinema; una abitudine che continua ad essere soltanto una conseguenza della mia grave grafomania, e della mia cinefilia patologica, proiettata nella virtualità del villaggio globale...
Ancora adesso è una attività che non sembra avere motivazioni più o meno valide, più o meno "logiche", di quella del "soggettista", che mi ha impegnato per decenni prima della venuta di internet; il mio pubblico su Blogger.com è molto superiore (secondo le statistiche) rispetto a quello del mio "cinema scritto", così come dei miei racconti, e di ogni altra cosa scritta in precedenza, ma decisamente non è quel tipo di attività che un vero creativo può considerare soddisfacente in alcun modo, se non appunto come terapia anti-grafomaniacale...
Dopo "I ripensamenti del blogger artistico", posso proseguire con il post dedicato a due films; il primo, un titolo "alternativo" estratto dalla mia (ancora) lunga watchlist su IMDB, è il Coreano


☻☻+

o, come vediamo qui sopra nei titoli di testa, "Save the green planet!", "Salvate il pianeta verde!"; uno di quei titoli che su Wikipedia si trovano solo in Inglese, Francese (les cinéphiles!), Coreano (i produttori) e Cinese (per ovvi motivi politici); non perché sia un film maledetto, o controverso, o che altro, ma semplicemente perché è un filmino (da soli $3M), spartano, alla buona, che l'autore dice di avere architettato dopo aver visto il film Misery (1990) e aver letto che Leonardo Di Caprio è un alieno;


e questo finora non l'avevo mai letto; tutto sommato, non è un'ipotesi da scartare, ma è sempre e soltanto gossip, in versione interplanetaria; nel film il protagonista, Byeong-gu


è convinto che il super-manager di Big Pharma, Kang Man-shik, sia un alieno di Andromeda a capo di un' orda di invasori (riconoscibili dai grandi lobi delle orecchie e dalle lentiggini), e decide quindi ovviamente di rapirlo, con la complicità della sua prosperosa ma acrobatica amichetta Su-Ni


e di torturarlo come si conviene per farlo confessare, compreso un "hommage" al suddetto Misery

(in una variante cristianizzata)

mentre uno scalcinato investigatore (Inspector Choo) da burletta che -almeno per la sigaretta storta- ci ricorda il vecchio Zenigata di Lupin III


indaga sul caso, e finisce per ubriacarsi con il rapitore... come a questo punto, a giudicare dai films visti, immagino sia inevitabile in qualunque paese Asiatico...

Con alcune trovate divertenti, e altre decisamente repellenti, tra horror e commedia, ma sempre con un tocco Asian, e con le sue inverosimili ma buffe "teorie del complotto", fra omaggi e citazioni più o meno banali, tra cui la nascita dell'uomo dal monolito di "2001"


e l'inserto-omaggio di arti marziali che è più o meno inevitabile come la sbronza colossale


e con una serie di personaggi pittoreschi, estremamente stilizzati, e invariabilmente ridicoli

il passatempo del manager andromediano, indizio della sua alienità: il golf nudista

il film scorre, caracolla, slitta e zompetta sul baratro dell'abisso verso un finale decisamente "a sorpresa", che può valere da solo la pena della visione; 

saluti dalla Corea (del Sud!)
l'unico problema per lo spettatore non-anglofono (ma sempre e inevitabilmente, piratesco) sta nel reperire dei sottotitoli in Italiano, perché immagino che il film non sia mai stato doppiato in altre lingue oltre il Coreano;
di ben altra statura è


The Tarnished Angels di D. Sirk (1957)
☻☻☻

film uscito a un passo dalla "rivoluzione silenziosa" di Psycho (1960), contempla ancora la struttura classica del film hollywoodiano in ogni particolare, a partire dall'inesorabile star system che è rappresentato sullo schermo dall' ancor giovine Rock Hudson

il suo unico -ambiguo- sfondamento della quarta parete
che per l'innocente spettatore delle commedie di Hollywood in TV negli anni '70 era il "bonaccione", e per il blogger incallito del nuovo millennio è, molto ovviamente, gay;
l'altro sfondamento è quello di Jack Carson


che è perfetto qui nel ruolo del terzo incomodo patetico nella intricata, tragica, movimentata romance tra il super-pilota acrobatico ed eroe di guerra impersonato, con il sigaro fumante e la canottiera inevitabilmente bucata, dal granitico Robert Stack


che rinnova la mia impressione di un distacco sovrumano, forse -anche lui- andromediano, nella fissità del suo sguardo glaciale, robotico:


anche quando mangia pane e salami




infatti, il suo unico amore è l'aeroplano, e solo quando vola sorride


per così dire;

abbiamo già vista la coppia di rivali in amore Hudson-Stack nel coloratissimo Written on the wind (1956), altro dramma "sentimental-patologico" del quale Sirk fu maestro indiscusso; qui i toni sono più sommessi, non soltanto per l'assenza del Technicolor sgargiante tipico dell'epoca, ma anche per la intimità extra-casalinga delle vicende, poste sullo sfondo di una New Orleans in pieno Mardi Gras


festa giorno e notte!


e dove i protagonisti, "zingari dell'aria", dormono negli hangars, o nell'appartamento di chiunque li voglia ospitare; con ogni conseguenza;
il DoP Irving Glassberg, con un bianconero che risulta straordinario nella versione BlueRay (Rip), ci offre una serie di quadri di superbo nitore e grande profondità di campo (in CinemaScope!) decisamente moderni




















(cliccare per ingrandire)

Come sempre, la inflazione di fotogrammi nel post porta alla solita conclusione del blogger cinefilo, che anche The Tarnished Angels è, innanzi e sopra tutto, un film da vedere; e come sempre, nell'universo sirkiano, le vicende strappalacrime di cui si compone la trama sono solo un pretesto per una vagonata di cinema denso, un flusso filmico travolgente a cui è bello abbandonarsi malgrado -o grazie a- il disinteresse più o meno completo per il soggetto "d'appendice"; o appendicite; secondo l'autore, William Faulkner, questo fu il migliore adattamento di una sua opera (il romanzo Pylon - "Pilone", su sceneggiatura di un tale Zuckerman); e Sirk stesso avrebbe dichiarato che questo fu il suo migliore film in assoluto; non sono d'accordo, ma non sono nemmeno Douglas Sirk.


The Tarnished Angels è purtroppo anche un altro grande esempio di product placement dove ancora una volta non è la marca, o il marchio a fungere da richiamo meta-subliminale, ma la sostanza in sé, la solita droga lecita rappresentata dal mortale binomio alcool+tabacco; ecco dunque dopo quella dei "buoni" la galleria dei fotogrammi "cattivi":


a partire dalla protagonista femminile, una Dorothy Malone alquanto sciupata, che non riesce a staccarsi dalla bottiglia, ma neanche dalla sigaretta, nella maggioranza delle scene c'è una nuvola di fumo nell'aria, e un bicchiere che viene riempito e/o svuotato: 








per concludere con Rock Hudson, la immancabile cicca tra le labbra, che in questa sequenza giunge all' apotoesi della perversione accendendosi una sigaretta con il mozzicone della precedente, nella stessa stanza con un bambino:


Non occorrerà suggerire al mio lettore sano di mente di non fare mai una cosa simile, anche se lo faceva Rock Hudson... ? Per concludere, una curiosità; siamo negli anni '30, a New Orleans. E tutto quello che si può comprare in città costa sempre e soltanto 5 CENTS:





sicuramente a quei tempi Storyville era più frequentato.... anche se era "chiuso"

Nessun commento:

Posta un commento